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ALIAS – IL MANIFESTO
LA CAVALLINA E ALTRE INVENZIONI

In ambito cinematico, un bellissimo album di Lu Po (La Cavallina e Altre Invenzioni), artista sardo riconosciuto per la sua semplice genialità anche all’estero. Una genialità che si conferma nelle dodici dolci e sognanti tracce, tra sonorità acustiche e classiche e costruzioni popolari. (Viola De Solo, 13-11-2021)

RUMORE
LA CAVALLINA E ALTRE INVENZIONI

12 brani strumentali, che girano intorno a un tema suggerito dagli enigmatici titoli; pezzi leggiadri, composti da mandolino, violoncello,sax,chitarre e un soffio di elettronica a fare da legante tra le parti. Gianluca Porcu tratteggia sapientemente un viaggio per immagini fatto di bozzetti dall’incedere gentile, costituito da capitoli ora più luminosi (Chia), ora più notturni e suadenti (Mandosa). (Stefano D’elia, Dicembre 2021)

MUSICMAP
LA CAVALLINA E ALTRE INVENZIONI

Lu Po è il nome d’arte di Gianluca Porcu, musicista cagliaritano e autore di musica per televisione, documentari, film e teatro.
Da poco, l’artista è tornato con “La cavallina e altre invenzioni”, il quinto della sua carriera solista, che arriva dopo il più sperimentale “Bloom”.
Coadiuvato da Maria Teresa Sabato, Gianluca Pischedda e Giuseppe Joe Murgia, Porcu ha scritto tra Torino, Roma e Cagliari dodici tracce strumentali dalle sonorità classiche e acustiche, che conservano molto di quel fascino cinematografico più o meno sempre presente nella produzione dell’artista.
Le soluzioni sono quasi sempre melodiche ed eleganti, con un forte afflato onirico che permea tutta la mezz’ora abbondante di durata e con intarsi elettronici, curati dallo stesso Porcu, che si inseriscono perfettamente nella narrazione di una tradizione popolare e atavica.

“La cavallina e altre invenzioni”, con i suoi titoli misteriosi, è un lavoro che si lascia scoprire lentamente: “Chia” e “Cavallina classica”, fra il classico e l’onirico, conducono lentamente verso un mondo fiabesco, descritto dai ricami melliflui di “Vima”, dai profumi folk di “Chima e “Vacu”, dalla grazia eterea di “Mandosa”, dai suoni luminosi di “Viel”, dalla danza leggera di “Chimael” e dalle rarefazioni calde di “Dolita”, dal timbro classico.
“La cavallina”, “La cavallina night club” e “Cavallina italiana” completano il lotto, aggiungendo anche qualcosa agli schemi degli altri brani.

“La cavallina e altre invenzioni” è una gemma forse fin troppo nascosta nel 2021 musicale italiano, capace di evocare storie, terre, persone, attraverso gli intrecci di mandolini, archi, chitarre e sax filtrate da piccole dosi di elettronica. (Piergiuseppe Lippolis, dicembre 2021)

RADIOCOOP
LA CAVALLINA E ALTRE INVENZIONI

L’artista sardo Gianluca Porcu, in arte Lu Po, giunge al quinto album con un sound strumentale e originalissimo. La tradizione popolare si affianca all’elettronica e alla modernità ma mantiene il fascino del retaggio atavico e antico. Disco interessante e personale. (Antonio Bacciocchi, 22/12/2021)

INTERNAZIONALE
CHANSON LEGERE

Come i titoli di coda di un film francese che sfuma sulla battigia atlantica al tramonto, love story in miniatura, che sembra di conoscere da sempre ma è nuova, fresca, realizzata con materiale sardo. Porcu, alias Lu Po (s’era parlato, tempo fa, del suo strumentale La giostra, che è un piccolo cult), qui si dà al sentimento, interpretandolo in modo giocoso ma con grazia, in un ep (pubblicato via Bandcamp) che comprende anche La more, in inglese, sempre con la stessa vocalist, sempre con questo savoir faire da affabile romanticone. (Pier Andrea Canei, 18 – 02 – 2014)

ROCKERILLA
BLOOM

Elettronica della lontananza: piccole capsule di malinconia sinteticamente minimale innestate con cura dentro la perfezione scolasticamente devota alle regole dell’accordo. Impossibile non rimanere affascinati dagli undici movimenti contenuti in questo lavoro, il quinto di una serie iniziata nel 2003. Musicista di impostazione classica che sa magistralmente sintonizzarsi anche su altri canali ricettivi, il cagliaritano Gianluca Porcu si ritrova tra i vincitori del concorso di composizione indetto da Radio France internationale nel 2012 e successivamente riceve la nomination per Qwartz Music Awards con l’album Bloom. Ciò che colpisce di Lu Po è la capacità di fornire materiale elegantemente classico, legato per esempio all’arpeggio di una chitarra acustica, inserendolo in un contesto nel quale l’elettronica glitch e la sperimentazione di base la fanno da padroni. Due mondi apparentemente lontani si fondono in una continua ricerca che parte dall’esecuzione tradizionale per approdare lungo territori appena sfiorati dal vento distruttivo del mainstream. L’artista sardo, torinese di adozione, possiede una biografia di tutto rispetto con impegni che vanno dalla musica d’Operetta (Le pulle nel 2008) all’esperienza televisiva e radiofonica passando per il cinema e la danza. Una via equidistante tra l’innovazione della ricerca e il suono di facile fruizione. Mirco Salvadori (giugno 2013)

SUONO
BLOOM

Lu Po si chiama in realtà Gianluca Porcu, è sardo, e dalla sua chitarra classica fioriscono paesaggi musicali misteriosi e intensi, raccolti nel nuovo lavoro Bloom, disco talmente digitale da schifare le casse di un computer o, peggio, l’orrore di un i-Phone. L’etereo viaggiare sulle onde elettroniche non toglie niente alla rocciosità magnifica e concreta della terra da cui Lu Po proviene: recuperando tradizioni di ricerca e sperimentazione sul suono che partono da Arvo Part e arrivano a Laurie Anderson, Lu Po mette a frutto la sua personale ricerca sfornando un album che avvolge e non invade. C’è un’inquieta concretezza in queste note, personale reinterpretazione dei suoni del mondo, fatto di paesaggi e natura (Tree, Autumn, Lake) ma anche di umano, molto umano (Guilty Guitar, Break the Night). Angel è il pezzo più immediato: una ballata elettronica che riposa come una notte passata tra le morbide ali di un angelo. Il resto di Bloom si assapora attentamente: mal si presta, l’album, a far da sottofondo. È un’opera classica che nasce in terra d’Europa: Lu Po ha vinto il concorso di composizione indetto da Radio France International, ha firmato un contratto con AEF, si è guadagnato la nomination per i Qwartz Music Awards che a Parigi vengono assegnati ogni anno ai migliori dischi di nuova musica elettronica. (David Drago, maggio 2013)

ROCKIT
BLOOM

Atmosfere intense, elaborate, da ascoltare con cautela, nel posto giusto, al momento giusto. A me fanno venire in mente un pomeriggio qualsiasi in cui, spossato, mi appisolo sotto il sole cocente in una vasta landa nei pressi di un rifugio di alta montagna, dove un venticello leggero mi da tregua e mi permette di godermi una solitudine impermeabile amplificata da un panorama di un’ampiezza agghiacciante. E questo fino a notte fonde, quando solo il freddo mi risveglia, bruscamente, da un paesaggio, tutt’altro che onirico, in cui ero beatamente immerso.

Bloom è il quarto album del compositore sardo Gianluca Porcu, in arte Lu Po, che ne ha curato anche la registrazione, la produzione, il mixaggio e (giusto per non farsi mancare niente) anche le grafiche di copertina. Le prime canzoni si basano su giri di chitarra soffici, caldi, rigorosamente arpeggiati, su cui poi si sviluppano sonorità elettroniche eteree, avvolgenti. Avanzando con i brani progrediscono anche le sonorità distorte, i rumori indefiniti. Nulla comunque è lasciato al caso. Ogni minimo granulo di sporcizia è curato sapientemente per trasformare il suono in paesaggio, ogni effetto calibrato minuziosamente per non rischiare di diventare invadente. Il tutto racchiuso in uno scrigno di malinconia, che in undici tracce viene aperto, ammirato e chiuso con molta delicatezza, per essere poi riposto al sicuro, fino al prossimo ascolto, alla prossima immersione.

Come lui stesso ci racconta nella sua biografia, di questa piccola perla se ne sono accorti anche oltralpe, con la nomination ai Qwartz Music Awards di Parigi, il prestigioso premio di musica elettronica ed arte digitale che ha coinvolto e coinvolge importanti nomi della musica internazionale come Björk, Alva Noto, Laurie Anderson, Matthew Herbert.

In conclusione, “Bloom” è sicuramente un disco che va gustato fino in fondo, pazientemente, possibilmente senza nessuno nei paraggi che possa intaccarne la magia. L’impressione è che ne viene fuori è di un Lu Po pittore, che usa la musica come un pennello, per creare con note, rumori ed effetti i suoi particolari dipinti sonori. (Flavio Broch, 30/07/2013)

SENTIREASCOLTARE
BLOOM

Minimalismo e malinconie dall’inconscio: potrebbero essere queste le colonne portanti dell’arte di Gianluca Porcu in arte Lu Po. Almeno a giudicare da un Bloom che esce a nemmeno un anno dal precedente Stendere la notte confermando l’approccio compositivo del musicista sardo ma cambiando completamente ambito. Là si parlava di brass band domestiche, classica tascabile, suoni sintetici marginali, qui siamo dalle parti di un’ambient eterea e intangibile.

Minimalismo che in Bloom si esplicita in flutti onirici di intensità variabile costruiti su una chitarra acustica trattata (Guilty Guitar), desertificazioni morbide e in crescendo (Angel), elettronica epidermica (Break The Night), il tutto sempre sul confine del non detto, del suono avvolgente, di una timidezza latente capace di affascinare decostruendo. Meno ironia rispetto al disco precedente, più visione interiore e spazi indefiniti. In calce, una candidatura ai Qwartz Music Awards francesi. (Fabrizio Zampighi – 27 Marzo 2013)

LE MONDE
LE PULLE, OPERETTE AMORALE

Rêve d’un mariage à l’église, en blanc et en grande pompe, comme tout le monde. Le tout en musique sur les très belles chansons de Gianluca Porcu, alias Lu. (Brigitte Salino, 04 – 04 – 2009)

INTERNAZIONALE
STENDERE LA NOTTE

C’era una volta Michael Nyman, re delle colonne sonore, che a colpi di planimetrie barocche per Peter Greenaway e lezioni di piano per Jane Campion trovava il giro giusto e si dava alla fuga. Lo insegue il cagliaritano Gianluca Porcu, alla guida di macchinine elettroniche e arrangiamenti delicati. E tutto diventa balocco: tromboncini e clarini che gonfiano le guance, glockenspiel delicati come piccole fate turchine, passi di piano e violino che sollevano dal suolo. Stendere la notte, il suo nuovo album, è un trailer del teatro di Emma Dante e dei sogni. (Pier Andrea Canei, 16 – 11 – 2012)

IL MANIFESTO – ALIAS
STENDERE LA NOTTE

Elettronica elegante unita a strumenti tradizionali (violino, violoncello, clarinetto), particolarmente curato l’aspetto ritmico affidato a una chitarra e a un trio di tromboni. Elementi di minimalismo e strutture ripetitive si perdono in un’anima di tradizione popolare che conferisce alla musica di Gianluca Porcu, in arte Lu Po, un tocco leggero. Lavoro di grande forza evocativa come testimoniato dal suo destino teatrale e cinematografico (le sue musiche hanno accompagnato il teatro di Emma Dante e le immagini del 69° Festival del Cinema di Venezia). (v.d.s.) 1 dicembre 2012

IL GIORNALE DI VICENZA
STENDERE LA NOTTE

Tutto merito della sua sardegna. Gianluca Porcu ha preso da là le atmosfere ed i suoni semplici che riesce a trasformare con l’elettronica. Un disco che farebbe la fortuna di decine di registi e si adatta alla colonna sonora di mille vite. Tra fiati e percussioni Lu Po ci ricorda cos’è la melodia. (20 novembre 2012)

VIVILCINEMA
STENDERE LA NOTTE

Il cagliaritano Gianluca Porcu scrive musica per il teatro (Emma Dante) cinema e danza. Sono musiche da film “a prescindere”, avrebbe detto Totò: un ideale incontro tra Michael Nyman, penguin Café Orchestra e una salutare anima popolare per strumenti tradizionali, con una base elettronica relegata sullo sfondo. (novembre-dicembre 2012)

RAGAZZA MODERNA
STENDERE LA NOTTE

E’ di nuovo tempo da… Lu Po. Da sempre affine alle soundtrack per atmosfera e feeling, Stendere la notte alterna un anima popolare aritmi artificiali. E senza accorgersi, conquista. (novembre 2012)

SOUND36
STENDERE LA NOTTE

La cosa più bella di Lu Po, progetto artistico di Gianluca Porcu, è la completa assenza di stereotipi musicali e di uno spazio temporale ben definito: la musica vola da un tempo all’altro, senza fermarsi mai. Tutto in “Stendere la Notte” sembra leggero anche se porta con sé temi importanti e musiche potenti che ne amplificano il senso.
E’ una sorta di musica dei ricordi che parla però di contemporaneità, la tradizione musicale popolare incontra alla perfezione l’elegante e precisa elettronica di Lu Po. Gli strumenti tradizionali (violino, violoncello, clarinetto) sono suonati da bravissimi musicisti di formazione classica, così come tutta la potente sezione ritmica con la chitarra e il trio di tromboni. I brani sono tutti composti, registrati, mixati, prodotti e masterizzati da Gianluca Porcu.
Visto il forte potere evocativo di questa musica non ci stupiamo del fatto che Gianluca abbia realizzato molte colonne sonore, sia di teatro che di cinema, tanto per ricordarne qualcuna: Le Pulle di Emma Dante e l’ultimo film di Carlo Sarti “L’eredità è dietro l’angolo”.
Sono certa che appena ascolterete anche voi questo album lo amerete subito e lo ascolterete in continuazione, forse nel tentativo di fermare qualcosa di non definito, un discorso musicale che parla di un qui e un’ora non afferrabili proprio come la notte che si stende all’infinito. (Annalisa Nicastro, 2 dicembre 2012)

SENTIREASCOLTARE
STENDERE LA NOTTE

La Kočani Orkestar in combutta con lo Yann Tiersen della soundtrack di Amélie, per una musica tascabile ma al tempo stesso orchestrale: potremmo sintetizzarla così la proposta musicale di Gianluca Porcu in arte Lu Po. Qualcosa che ha a che fare con una brass band di paese ma anche con la musica classica, con un’elettronica marginale ma anche con un approccio surreale e virtuoso un po’ à la Sebastiano De Gennaro, se ci passate il paragone. Surrealismo sottolineato da una conclusiva La Vampa che arriva a citare – non si sa bene come – i Daft Punk e in generale da un disco che sembra partorito col fast forward.
Nulla di demenziale, sia ben chiaro. Piuttosto la capacità di unire leggerezza, malinconie soffuse e un parco strumenti che comprende pianoforte, violino, violoncello, clarinetto, chitarra, trombone, qualche percussione e molto altro. Il tutto arrangiato alla perfezione tra richiami e contrappunti, cinematogafico nelle aspirazioni almeno quanto nella pratica, dal momento che il materiale costituirà la colonna sonora di una pellicola di Carlo Sarti in uscita questo autunno.
Purcu non è nuovo a certe esperienze, tanto che può vantare un passato da compositore per operette, televisione, teatro e danza. Oltre al curriculum, tuttavia, il Nostro possiede una sensibilità tutta sua capace di semplificare il messaggio e di rendere gli immaginari che richiama immediatamente condivisibili. Se non ci credete ascoltate lo Johann Sebastian Bach riletto da qualche marching band funebre di New Orleans dell’ottimo Valzer del bugiardino o una Carrillon che in qualche passaggio ricorda pure il tema principale del Pinocchio di Comencini. (Fabrizio Zampighi, 3 novembre 2012)

MUSICLIKE
STENDERE LA NOTTE

Lu Po estensione di LU, moniker di Gianluca Porcu è un musicista e compositore cagliaritano.
Autore di musiche per il teatro (numerose le collaborazioni con Emma Dante), il cinema e la tv, pubblica il suo terzo album “Stendere La notte“, opera che diventerà a breve la colonna sonora del nuovo film di Carlo Sarti.
Non è cambiato molto rispetto al passato; l’impianto cinematico di Lu Po vive della stessa, forte impostazione neoclassica, grande affinità per le melodie popolari ed un meticoloso equilibrio formale.
Chitarre, violino, violoncello, clarinetto e tromboni, un carosello di arpeggi a cascata e morbide interferenze glitch. Elettronica elegante e brass band di strada dunque che danno vita ad un corpus musicale variegatissimo.
Meno dadaista e frammentario di “B-Interrail”, più lineare rispetto ad “Eclectique Walk”, “Stendere La Notte” è una continua danza di contrappunti e ombre adamantine.
Girovago tra cieli in rovina e musica colta, Lu Po è un menestrello dark che aggira i canoni accademici con modernismo funebre e commiati alla Fata Confetto (“Burattino”, “Valzer Del Bugiardino”), con la stessa sensibilità di uno Yann Tiersen d’avanguardia ma meno melancolico (“Nostalgia Delle Stelle); ispirato nella verve dal giocoliere Pascal Comelade o in fuga con il Rene Aubry più balcanico (“L’amore Che Non Aspetta”, “Gocce”), impreziosisce il folk di profumi lontani (“Giostra”, “Da Qualche Parte”) e di lucidi episodi noir (“Carillion”).
L’album è un’ottima suggestione notturna e, ad eccezione del parossismo dance-oriented di “La Vampa”, Lu Po riesce a tradurre al meglio le sue visioni al chiaro di luna. (Flowgeesto, 5 novembre 2012)

STRATEGIE OBLIQUE
STENDERE LA NOTTE

Gianluca Porcu è il musicista che si cela dietro il moniker Lu Po e in questo nuovo episodio mette la sua musica al servizio, o per meglio dire in funzione, delle immagini del nuovo film diretto da Carlo Sarti. Si tratta di undici brani che uniscono intuizioni elettroniche con suoni prodotti da strumentazione acustica, come archi e clarinetto, trombone e mandolino. Un insieme singolare dunque, che spesso rilascia una sensazione di marcata malinconia, su andamenti medio-lenti e ambientazioni scure, che ben riflettono la proiezione del titolo scelto “Stendere la notte”. Musica da film che si regge in piedi anche sulle proprie gambe, ben piantate in un approccio compositivo di carattere classico, ma aperto a innesti di modernità espressiva, evidenti soprattutto nella scelta dei suoni operata dall’artista sardo, oggi di base a Torino. Lu Po non disdegna sconfinamenti in ambito dance-floor, come dimostra la traccia di chisura “La vampa”, e mette insieme un album dai lineamenti singolari e difficilmente definibili con un solo aggettivo. (novembre 2012)

BLOW UP
STENDERE LA NOTTE

Lu Po è il nome d’arte del torinese adottivo, oriundo sardo Gianluca Porcu, giunto qui alla sua terza fatica discografica. L’album che è anche la colonna sonora del nuovo film di Carlo Sarti, vede una bella mistura di ispirazioni circensi e balcaniche e consiste in una sorta di folk da camera interamente strumentale eseguito da un ensemble di estrazione classica: pianoforte, percussioni, violino, violoncello, clarinetto, trombone e trombone basso. Anche svincolata dalla sua destinazione cinematografica la scaletta non è priva di una sua consistenza evocativa e si presta ad accompagnare emotività ed immaginazione in queste piovose e melanconiche sere d’autunno. (Piergiorgio Pardo, novembre 2012)

MUSIC CLUB
STENDERE LA NOTTE

Lu Po Stendere La Notte Compositore: Gianluca Porcu Edizioni musicali Rai Distribuzione: On Line (Zimbalam) Dopo aver accompagnato con la sua musica il teatro di Emma Dante e aver collaborato nel cinema per il nuovo film di Carlo Sarti, e dopo un esordio ben accolto dalla critica, Gianluca Porcu – in arte Lu Po –, pubblica il suo terzo album. Ancora una volta sperimenta e fonde strumenti classici con l’elettronica, trovando un equilibrato punto di incontro fra sonorità ‘metalliche’ e acustiche, fra calcolo ed emozione. Eleganti il violino, il violoncello e il clarinetto, presenti nelle tracce, e ben curati gli aspetti ritmici delle chitarre e del trio di tromboni. Un disco emozionante, molto evocativo che incrocia e avvicina sonorità apparentemente lontane ed estranee. Nell’album hanno suonato musicisti di formazione classica: Maria Teresa Sabato, violino; Luca Pischedda, violoncello; Maddi, clarinetto; Luca Mangini, Trombone; Massimiliano Coni, trombone; Sergio Fermi, trombone basso. (novembre 2012)

MUSIC ON TNT
STENDERE LA NOTTE

Dietro all’immagine meditativa e profondamente indie della cover art, si nasconde un poliedrico artista che per l’anagrafe porta il nome di Gianluca Porcu, ma per l’arte musicale è semplicemente Lu Po. Il musicista cagliaritano, dopo qualche anno da Ecletique walk, torna alle stampe con questo nuovo delizioso album intitolato Stendere la notte. Terza brillante opera che va a confermare la tecnica espressiva dell’autore, sempre più a suo agio nello sviluppare una sinergia artistica tra classicismo ed elettronica, trovando un fertile terreno all’interno delle atmosfere pensanti che emergono in maniera naturale dalle undici tracce di nero vestite.

L’eleganza con la quale si sposano i divergenti strumenti, offre all’ascolto un melanconico e al tempo stesso spensierato compendio sonoro di impatto, definito al meglio da un viatico interposto tra razionalità ed emotività. Infatti, esiste nel mondo di Gianluca un bilanciamento perfettibile che definisce un allineamento razionale tra gli scenari emozionali e quelli calcolati, in una continua e sentita ricerca della simmetria. Le note che si rincorrono nelle partiture sembrano voler raccontare immagini pittoriche attraverso suoni talvolta minimali, che prendono spunto da sentori balcanici e sviluppi d’oltralpe.
Tra le tracce di miglior impatto troviamo l’introduttiva Giostra, intenso itinerario favolistico che racchiude nel suo andamento un insieme di strumentazioni ben assestate. La curata rivisitazione della tradizione mediterranea è qui raccontata da un originale e gioviale insieme, aperto tra sensazioni non lontane dal Yann Tiersen di Le phare e il mondo balcanico della Wedding and Funeral Orchestra.

Spesso, nel proseguo della tracklist, le immagini oniriche, fuoriuscenti dalle note delicate e ponderate, sembrano volersi muovere leggere e stupite in un insolito contatto con il mondo esterno di Nostalgia della stelle. Da questa malinconia l’aria mediterranea anticipa le note di L’amore che non aspetta, in cui la struttura jazzata si incrocia in buona armonia con overlay diversificate che, nonostante qualche sbavatura viscerale, risulta fresca e andante.

Se poi il minimalismo di Gocce e il coraggio esecutivo di Carillon segnano un cambio di passo, con il Valtzer del bugiardino ci si ritrova in una giocosa dimensione che tra fantasmagoria e irrealtà sembra volerci invitare nella psiche di Tim Burton, in un parallelismo dimensionale. Il disco scorre via veloce tra la piacevolezza pacata di Il cortile dei giochi, piccole enclave sonore ( Burattino)) e sviluppi elettronici ( La vampa), che
quasi sorprendono per il loro sviluppo di chiusura, tanto stranente quanto isolato, atto a voler aprire un nuovo orizzonte… determinando però una perdita di coscienza e di equilibrio che tutto il disco tenta di rincorrere (per altro) con buoni risultati. (Loris Gualdi, 27/11/2012)

JESUSMILE FANZINE
STENDERE LA NOTTE

Dopo l’acclamatissimo Eclectique walk (2006), il talentuoso Gianluca Porcu si è fatto attendere un bel po’ prima di dare alle stampe il suo nuovo disco. Non che il musicista e compositore sia rimasto con le mani in mano nel frattempo, ha continuato a lavorare per il teatro, la radio, spettacoli televisivi: in definitiva, eccoci all’ascolto del suo quarto album che si distende e vaga nell’aere per poco più di trenta minuti, a dimostrare una volta di più che siamo di fronte ad un musicista di altri tempi, o forse di un altro mondo.
All’ettronica, la chitarra, il mandolino e le percussioni, Lu Po riesce a sfoggiare tutte le sue capacità tecniche ed il suo gusto musicale, mescolando con eleganza ed equilibrio la sua cultura classica e tradizionale con l’vant-folk contemporaneo, strizzando di brutto l’occhio a Yann Tiersen. Un album leggero e piacevole, come raramente succede. (Clov, novembre 2012)

ROCKIT
STENDERE LA NOTTE

Sarà che in questi giorni è scesa la prima neve, e quando scende la neve tutto si fa immancabilmente più soffice, compresa la vita. Una vita fatta di attimi da raccontare magari con addosso una colonna sonora in grado di renderle giustizia e, perché no, ripararla dal freddo. LUPO è il nome d’arte scelto da Gianluca Porcu (o solo Luca, visto il moniker?) per dare un appiglio alla propria musica: colonne sonore. Per film, opere teatrali, danza… Colonne sonore per l’arte. E se è vero che l’arte è vita, la musica che la accompagna inevitabilmente diventa parte della vita stessa, didascalia di una realtà che ogni tanto ha bisogno di quel tocco in più per fare la differenza. Il tocco dell’immaginazione melodica. Un supporto extradiegetico ad una narrazione che cambia in base a chi ascolta (o all’opera cui questa si riferisce, film o spettacolo teatrale che sia).

Stendere la notte è un album di undici pezzi in grado di fornirci una panoramica esaustiva su cosa questo musicista sia in grado di fare, la sua cifra stilistica, per la verità a tratti molto simile all’opera di Yann Tiersen per il cinema (la scelta degli strumenti in questo senso gioca un ruolo determinante), ma con il tocco melodico personale cui si faceva riferimento prima. Composizioni asciutte, portate allo stadio minimale in modo intelligente, sfrondando quanto non necessario per mantenere inalterata l’essenza e poterla così condurre direttamente al cuore del discorso.

Un disco attraente, caldo, suggestivo, da considerare e prendere esattamente per quello che è nei fatti: un accompagnamento. Che cosa debba accompagnare poi spetta a chi ascolta deciderlo, la vita è la vostra, mica la mia. Un disco acustico, sintetico a momenti, pizzicato, in punta di piedi, delicato ed emotivo. Un disco in grado di ritagliarsi il proprio spazio, passando dall’essere complemento di fondo, a sfondo vero e proprio. Un po’ francese, molto italiano; un po’ Jeunet e un po’ Fellini. Un po’ circense, meravigliosamente fiabesco. Un disco senza la pretesa di suonare come un disco, quindi non criticabile in quel senso: le intenzioni sono chiare fin dal principio e preferisco davvero affrontarlo come fatto fino ad ora, quindi come la colonna sonora di un film che non esiste. Un approccio semplice solamente a prima vista, perché attribuire questa chiave di lettura all’opera significa rivestire l’ascoltatore di un compito non indifferente e che vorrei sottolineare nel caso prima vi fosse sfuggito: la vita è la vostra e tocca a voi mettercela dentro. Basta scegliere il momento giusto da abbinare al pezzo giusto. E qui ce ne sono undici da cui pescare.

P.S. Ho apprezzato particolarmente la copertina. Trovo che nella sua semplicità rappresenti perfettamente lo spirito del disco, un connubio di classico e moderno ritratto con toni grafici sintetici. La grandeur infinita del sentimento (un timelapse notturno dominato da un cielo carico di stelle) sapientemente riprodotta con pochi elementi (una grafia semplice e pulita) assemblati con gusto. (Marco Jeannin, 14/12/2012)

ROCKIT
ECLECTIQUE WALK

Gianluca Porcu, in arte Lu, è un genio. Oppure semplicemente un artista che pensa, performa, registra, mixa, masterizza in proprio musiche elettroacustiche, lounge, etniche, sperimentali, 8bit, per se stesso, per il teatro, per le gallerie d’arte, per il cinema. E quindi un genio.
Se il precedente lavoro “B-Interrail”, uscito nel 2004, aveva rivelato il talento del folletto sardo, difficile da frenare entro i generi e abile nel passare con disinvoltura da sampling vorticosi a bellissime parti suonate, “Eclectique walk” raccoglie i temi della colonna sonora di “Cani di bancata”, il successo teatrale della stagione firmato dalla regista palermitana Emma Dante: l’opera è stata stampata in cinquecento copie, reperibili solo alle repliche dello spettacolo oppure sul sito dell’autore.
Lu stende a colpi di suggestioni per niente autoreferenziali ma che si inquadrano in precise composizioni musicali: il bianco e nero da sigla della titletrack, fra Riccardo Tesi e Pascal Comelade, rivisitata dai violini nella reprise; le ripetizioni di piano di “Chiaro di luna”, opportunamente stravolte nella rispettiva “II” dal calore sintetico di un pozzo artesiano nell’arsura; il gioco-Bacalov che plasma “All about me” tra passato e futuro; la tierseniana “Lettre d’explication” emerge dalla macchina per scrivere in “Can’t resist here”; i vocalizzi di “Light so light”, che ricordano quelli della “Piovra” cui vengono aggiunti toni tradizionali e primaverili a sfociare in melodia comune; “Love is the bomb” dominata da soffici tentativi di accordatura e arpeggio.
La resa è estremamente piacevole, leggera, volatile, e meglio la si comprende una volta esperenziata a teatro; pur tenendo conto che il cd è un corpo a sè stante, in grado di funzionare autonomo con limpido profitto. Se fossi un regista, non penserei due volte a contattare Gianluca Porcu in arte Lu per i suoni: sta in the mood for life, proprio come il teatro. (Enrico Veronese, 13-04-2007)

IL MUCCHIO SELVAGGIO – FUORI DAL MUCCHIO
ECLECTIQUE WALK

Anche dopo aver ascoltato per intero il suo secondo CD, mi risulta ancora difficile comprendere se Gianluca Porcu, in arte Lu, sia davvero un genio o soltanto un abilissimo accademico. Una cosa però è certa: il suo album d’esordio – “B-INTERRAIL” (2004) – è stato consumato dal mio lettore e stessa sorte spetterà certo anche al recente “éclectique walk”, opera da lui composta, registrata e pubblicata in completa autonomia.
Il disco nasce a seguito della collaborazione con la regista Emma Dante che ne ha sfruttato un paio di episodi per la colonna sonora di “Cani di bancata”, spettacolo teatrale che ha debuttato a Milano lo scorso 14 Novembre.
Con dieci intriganti movimenti strumentali, l’artista cagliaritano ribadisce la sua elegante formula espressiva che unisce spunti folk ed elementi contemporanei, suoni acustici e disturbi digitali.
La presenza di parecchi strumenti tradizionali (flauto, ottavino, clarinetto, violino e violoncello), all’occorrenza rielaborati elettronicamente, accresce la forza evocativa dei momenti più romantici ed amplifica la trascinante verve dei passaggi legati alla tradizione popolare.
Nell’ultima parte poi, l’accativante immediatezza che pure caratterizzava l’opera prima, devia per i sentieri impervi del rumore e della degenerazione sintetica, tesimoniando propriamente un’attitudine sperimentale difficilmente riscontrabile nei lavori di quei musicisti che si limitano ad eseguire impeccabili esercizi di stile. (Fabio Massimo Arati, Dicembre 2006)

BLOW UP
ECLECTIQUE WALK

I modi e le tecniche dell’elettronica applicati alla scrittura colta nel secondo album di Gianluca Porcu in arte Lu.
Non nuovo ad esperienze di collaborazione in ambito teatrale (le sue musiche sono già state usate da Emma Dante nello spettacolo “Mishelle di Sant’Oliva”, ma anche nel radiodramma “Il cappello”), questa volta l’autore cagliaritano si cimenta direttamente con la musicazione di un lavoro pensato per il palcoscenico. Si tratta di “Cani di bancata”, testo e regia della stessa autrice palermitana, in giro in lungo e in largo per il continente, con un paio di puntate europee, fino al prossimo mese di marzo, per il quale costituisce l’ossatura sonora la titletrack, proposta in tre differenti versioni, e All about me.
Accompagnato da orchestrali dell’Ente Lirico di Cagliari (flauto, ottavino, clarinetto, violino, violoncello), Lu mette mano a tutto il resto conferendo all’intera opera un senso di fiabesco e dolenza, per quanto a tratti celato da un andamento sbarazzino, perfettamente adeguato alle inclementi riflessioni della Dante a proposito di un “popolo silenzioso che si spartisce l’Italia e se la mangia a carne cruda. (Nicola Catalano, Gennaio 2007)

RUMORE
ECLECTIQUE WALK

éclectique walk di Lu alias il cagliaritano Gianluca Porcu, composto per la pièce Cani di bancata di Emma Dante: un quintetto di archi e fiati esegue delicati e briosi temi etno-classicheggianti, su cui Lu interviene con stranianti ed efficaci elaborazioni glitchtroniche. (Vittore Baroni, Gennaio 2007)

LIBERAZIONE
B-INTERRAIL

Copertina dadaista e suoni classici in salsa pop. Detto così sembra un po’ un pasticcio questo lavoro nato dalla creatività di Gianluca Porcu. A dispetto delle apparenze, invece, gli undici brani dell’album accompagnano l’ascoltatore in un quel morbido territorio del pop prevalentemente strumentale in cui classica e avanguardia s’incontrano senza farsi male. Un antidoto indispensabile per chi s’è stufato del lounge d’accatto. (Gianni Lucini, 13 Agosto 2004)

IL MUCCHIO SELVAGGIO
B-INTERRAIL

A dispetto di un certo accademismo d’impronta neoclassica, non ho riserva alcuna nell’annoverare il disco d’esordio di Lu tra i miei ascolti preferiti degli ultimi mesi.
Frutto della creatività modernista di Gianluca Procu, compositore e polistrumentista di gran talento, “B-Interrail” colpisce sin dalla veste grafica, la cui ispirazione dadaista è poi suffragata all’interno da un campionamento della voce di Marcel Duchamp.
Gli undici brani qui raccolti, incisi con la complicità di un’ensemble di fiati, mescolano avanguardia e tradizione, rigore acustico e anomalie elettroniche, compiendo una straordinaria escursione in quel territorio di confine già frequentato da personaggi quali Pascal Comelade, Yann Tiersen e Nobukazu Takemura.
Tra danze solari e briose variazioni, nell’economia di un linguaggio prevalentemente strumentale, Lu riesce a coniugare in chiave sostanzialmente pop una radicata matrice classica. Per quanto sorprendenti e spregiudicate le sue invenzioni, pertanto, sono puntualmente ricondotte ad un’immediatezza popolare e ad un orecchiabilissimo senso melodico. Il gioco – perché l’intero lavoro assume le sembianze di un ambizioso divertissement – è poi arricchito da citazioni di vario genere, dalle incursioni cinematografiche nella musica lounge (“Inter Rail 2”) a certo sperimentalismo sintetico di stampo minimale (“B 15”).
Il tutto è infine riassunto nella “Consapevolezza della riduzione”, brano che – pur rifuggendo i tradizionali canoni della forma canzone – ricompone in un’unica soluzione i frammenti sonori e stilistici dispersi nei precedenti movimenti dell’opera (Fabio Massimo Arati)

RUMORE
B-INTERRAIL

davvero ben costruito il disco d’esordio del multistrumentista cagliaritano Gianluca Porcu, in arte LU. B-Interrail snocciola una serie di perline – si dice così? – indietronics, tra minimalismo gentile, campionamenti di musica classica velocizzati, ambientazioni para-andaluse e giocattoloso elettro-folk, rifinite in gran parte in tempo reale (vasto l’organico di collaboratori al flauto, clarinetto, piano, voci, sax). (Nicola Catalano, Novembre 2003)

BLOW UP
B-INTERRAIL

Bel debutto per Lu, laconico moniker prescelto da Gianluca Porcu per un progetto in cui ruolo fondamentale ricoprono diversi collaboratori che con flauto, clarinetto, sax, piano, forniscono calore alle strutture generate a computer e campionatori dal titolare della sigla, peraltro volentieri incline all’uso della chitarra acustica in molti episodi.
Dall’appertura eccellente di Inter Rail Zero, per suoni prossimo a Comelade ma per sensibilità più vicino a Tiersen, rimembrato nella sua veste più popolare negli esercizi folk di Inter Rail 1 e B12, all’iridescenza elettronica alla Nobukazu Takemura di B15, dallo scherzo italian soundtrack ’70 con japanese touch alla Fantastic Plastic Machine di Inter Rail 2 all’intermezzo alla Penguin Café Orchestra di Inter Rail 3, sino all’ambiziosa vera e propria canzone posta in epilogo, Consapevolezza dela riduzione, l’album possiede una scorrevolezza dal retrogusto retrò soavemente nostalgica. (Paolo Bertoni, Maggio 2004)

MUSIC CLUB
B-INTERRAIL

Si respira un’aria da anni ’60 all’interno di ‘B-Interrail’, non tanto per i suoni (anche se un sentore lounge tendente alla riscoperta del “vecchio in chiave moderna” fa capolino tra le canzoni), ma soprattutto per l’immaginario che si materializza nella mente dell’ascoltatore mentre assapora le undici tracce che compongono il debutto di LU, creatura nata dalla mente creativa di Gianluca Porcu.
Attraverso l’utilizzo di una strumentazione varia (tanto elettrica quanto acustica, tanto “attuale” quanto classica) e per mezzo di un utilizzo propositivo dell’arte del campionamento (e in questo potrebbe ricordare David Shea) il musicista cagliaritano ha saputo miscelare i vari ingredienti con una sapienza pop/melodica/classica (in parte riconducibile a un Pascal Comelade in versione più elettronica), che deve essere rimarcata, così come va annotata la sterzata “seria” di ‘Consapevolezza Della Riduzione’, che dimostra come le potenzialità evolutive di LU siano assai vaste.
Qualunque sia la vostra predisposizione sonora e qualunque sia il vostro stato d’animo vi assicuro che al termine di ‘B-Interrail’ vi sentirete appagati e positivamente orientati all’osservazione della realtà che vi circonda. Un disco gioviale. (Roberto Michieletto)

NEURAL
B-INTERRAIL

Album gradevolissimo questo del musicista e compositore cagliaritano Gianluca Porcu, in bilico fra acustica ed una soffice elettronica (dai sample jazz-lounge) aggrumando frammenti glitch e cultura orchestrale, tagliando e assemblando a nuovo sostanza strumentale, a modulare delicati ed eleganti interventi vocali con Valentina Loi e Ludovica Fozzi, con il valido apporto di Bernardo Sassetti (pianoforte), Francesca Romana Motzo (clarinetto), Daniele Pasini (flauto), Enrico Manca (sax), intrecciando minimalismo e filtrate influenze etniche, avant-pop (in ‘Consapevolezza Della Riduzione’) e garbate iterazioni melodiche (che ci riportano alle sperimentazioni lontane di The Penguin Café Orchestra).
Atmosfere seducenti, che melodiosamente ammiccano a temi musicali d’altre stagioni, in ‘Inter Rail Zero’ e nella quarta incisione, ‘Inter Rail Due’, ma anche note struggenti e circolari, come a trovar posto idealmente in una pellicola di Peter Greenaway (invece di quelle altrettanto ipnotiche ma più fredde e concettuali di Michael Nyman).
Fra le righe anche la voce dell’ineffabile Marcel Duchamp, a propiziare un approccio poetico e fortemente mentale, nella terzultima traccia, con il tutto egregiamente masterizzato da Ivan Iusco (Minus Habens). (Aurelio Cianciotta)

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B-INTERRAIL

Lu è un progetto che nasce da Gianluca Porcu, unico responsabile, sebbene molteplici gli interventi, di una semantica ri ri-assemblamento sonoro dalle fresche correnti floreali. Si tratta di un lavoro coerentemente compiuto, intessuto da leggeri sbocchi glitch ma rivestito da steli rizomatici che trovano contrappunto favolistico, talvolta etnico-garbati, talaltra cocktail-post-pomeridiani, in infinite ripetizioni melodiche.
È un frutto strano: suoni frizzanti che si susseguono frettolosamente ma con notevole dose d’imprevedibilità, dal vago accento ironico, con canticchiose geometrie alla Books, se questi usassero lo spunto macchinale più come dinamica reiterata di sequencing che come contrasto imprescindibile tra parti non corrispondenti.
La musica è pure un gioco, esatto perlopiù, e questa una palestra dove allenare gli effetti muscolari degli intarsi che suonano alla stessa maniera dei battiti dei primi Kirlian Camera se avessero utilizzato strumenti acustici e non box ritmici. Può somigliare a qualunque ritornello questo ritornello: Stereototal, Kev Hopper, Snd, ma più di ogni cosa somiglia ai Gnac e quando si fa tostissimo come in Inter rail 8 sfiora pure l’alchimia della vita stessa. Un disco forse troppo curato, troppo preciso, troppo dettagliato ma stranamente anche semplice e leggero. Aspettiamo un nuovo lavoro. (Aurelio Borrelli)

WONDEROUS STORIES
B-INTERRAIL

Lu è lo pseudonimo del multistrumentista, nonché autentico genio dei computer sonori, Gianluca Porcu. Va detto subito: LU è un folle. Nel senso migliore del termine, s’intende, quello che appaia sregolatezza creativa e puro disinteresse nei confronti degli usufrutori dei suoi dischi.
LU va per la sua strada, che è una strada fatta da un flusso (e riflusso) sonoro concitatissimo e eccitatissimo dove una elettronica vintage e alti livelli compositivi, quasi da soundtrack-writer, vanno di pari passo.
Spesso, al fine di cercare una baia di approdo alla musica di Gianluca Porcu mi, è venuto in mente uno Yann Tiersenn più estroso e meno canonico. Una via di mezzo fra i Pulseprogramming, gli Air e la Penguin Café Orchestra.
Un piccolo ensemble di strumentisti accorre comunque a consegnare maggiore veridicità all’insieme, dando fiato a sax, clarinetto, flauto e voce a ugole e piano.
Le chitarre, il basso e gli strumenti “sintetici” sono invece tutti ad appannaggio di LU. B-Interrail è sostanzialmente una suite che si dipana in modo eccentrico e su una metrica che lascia facilmente prevalere l’immagine di un treno espresso lanciato in corsa lungo paesaggi estremamente diversi, ma tutti fortemente saturati da colori vivaci. In certi momenti sembra di attraversare le megalopoli degli USA, mentre altre volte sembra che i binari stiano correndo nelle distese di paesi amerindiani, per arrivare più giù ancora fino alla Terra del Fuoco.
In pratica tutto il disco gioca seriosamente intorno al concetto di viaggio, fosse anche una esplorazione fatta senza partire mai veramente, e l’itinerario è quello della sorpresa di un passeggero che, dalle finestre della propria locomotiva (come anche da qualche angolo della propria immaginazione), vede luoghi mai visitati prima.
Poesia e divertissement, procedono insieme di rotaia in rotaia, orchestrazioni e sonorità da primi synth Anni ’80, si alternano di stazione in stazione, allegria e tristezza, si rincorrono di miglia in miglia. Senza sosta. Fino alla conclusione, nell’unica vera canzone dell’album, La consapevolezza della riduzione, in cui tutti gli elementi si incontrano.
La proposta di LU deve essere lasciata libera di esprimersi e B-Interrail deve essere ascoltato integralmente, senza pause nel vagone adibito a bar: bisogna seguire tutto il percorso ferroviario, prima di capire se il viaggio valeva il biglietto. Ma prima di ogni altra prerogativa bisogna essere aperti alle suggestioni. E di suggestioni questo disco ne ha tante.
Una cosa è certa: se avrete colto il senso il questa recensione e avrete capito che ci sono i presupposti per tentare la corsa, all’ultima stazione vi ritroverete con un sorriso (anche vagamente inebetito) sulle labbra. (Stefano Fasti)

SENTIREASCOLTARE
B-INTERRAIL

Esordio su lunga distanza per Lu, insolito miniker dietro il quale si cela la figura di Gianluca Porcu; probabilmente influenzato dalle ultime produzioni di matrice folktronica, il polistrumentista ha preparato undici tracce in cui far confluire un mondo di ascolti passati e presenti. Viene dunque naturale descrivere B-Interrail come un insolito accostamento fra le geniali intuizioni dei Books, le reinterpretazioni pop della Morr Music, le correnti d’avanguardia nord europee e la tradizione mediterranea.
Con l’apertura di Inter Rail Zero Lu gioca sulla sottrazione di voci e suoni, per un brano che sembra nascere da ripetuti ascolti delle soundtrack di Nyman. L’opera di taglio e cucito è quasi estremizzata in B15 quando glitch, intermittenze digitali e scampoli di voce scandiscono il beat della traccia, ma sono le chitarre che quasi monopolizzano il folk strumentale di Inter Rail 1.Con Inter Rail 2 ci si addentra in un suono sixties particolarmente leggiadro e ritmicamente entusiasmante, e se la levità melodica viene mantenuta invariata anche in Inter Rail 3 (soprattutto per merito dei fiati), con B12 e Inter Rail 4 si torna ad una versione rimaneggiata della tradizione musicale italiana, dove l’elettronica non è più confinata ad un ruolo di secondo piano o di puro riempitivo. I minuscoli click, le interferenze e la chitarra acustica caratterizzano B21, ma è solo un piacevole preludio a Inter Rail 5, in cui atmosfere dapprima malinconiche e poi sempre più concitate fanno da sfondo alla voce di Marcel Duchamp che ragiona sulla fruizione critica dell’opera d’arte da parte dello spettatore.
Il finale dell’album è invece riservato all’unica “canzone” dell’album, dove la voce di Valentina Loi recita un testo scritto da Porcu e gli elementi (elettronici e no) già presenti nei precedenti brani vengono riuniti per il gran finale. Una maggior determinazione nel progressivo ribaltamento della struttura canonica delle tracce potrebbe rendere il prossimo album di Lu un lavoro di assoluto interesse. (Michele Casella)

IEM WEBZINE
B-INTERRAIL

Gianluca Porcu’s debut album is recorded under evident influence of minimalist composers such as Terry Riley or Michael Nyman, but also modern technologies and omnipresent electronic music spirit aesthetics. It means that the sound has its primogeniture independently upon the structure, and makes a general sense over the rest. Here we have a sort of artificial composition based on the acoustic snippets – several traditional instruments were recorded live, then dissembled to the samples. Unlike the remix work, each instrument (flute, clarinet, sax, piano and guitar) was processed separately. The result is pure computer music in terms of strategy, but there’s clearly human input because of emotional and suddenness of each track. This album has at least one strong feature – the counterpoint between programmed music and instrument character. The certain angularity and frankness of tracks makes me think about the adolescent age, when the romanticism is still unconscious thing, but the force and depth of feelings always will struggle each other. As for examples, it should definitely remind you some pieces of P.Comelade, NLC, Third Ear Band or Gnak.

EAR-RATIONAL
B-INTERRAIL

My first thought on hearing this CD was that Phillip Glass has gone French Cut-Up in style. This disc travels all throughout Europe on the Erorail, in my estimation. Electronic arpegios are intersperced with ever-so-short snippets of a french lady. The next track looses the arpegios in favor of tones and the cut-ups become ever shorter and form the beats for this track – imagine a non-obscene Kid-606 in style, to a degree. Other parts of the world are present as well, as in the track ‘Inter Rail 1’ I can hear a Spanish flamenco influence and, after the flute propels us in a train to our next stop, which could be a cafe in Italy or the south of France. This is a very European sound throughout, but with the variety of flavors thrown in, it never gets stale. Marcel Duchamp is even on here! (Don Poe)

BLOW UP
DONE WITH A SPACE-BITER

gradevoli e atmosferici minimalismi circolari, tra campioni vocali, loops di archi e glitcherie. (Vittore Baroni, Novembre 2003)

RUMORE
DONE WITH A SPACE-BITER

stimolante esordio, con tre insinuanti bozzetti minimal glitch che ora prendono concettuale ispirazione da Bukowsky (done with a space-biter), ora volteggiano intorno ad un campionamento da “L’estate” di Vivaldi (Is it summer?), ora si inspessiscono post-industrial (crepuscolo, crepuscolo, crepuscolo). (Paolo Bertoni, Novembre 2003)